| Danyela Cirincione |
| | “Ho detto che devi metterti lì e lì ti metterai!” “N0!” “Sto perdendo la pazienza, quindi ascoltami bene: se non ti metterai dove ti ho detto, ti sostituirò con un punto, o, peggio ancora, con tuo cugino punto-e-virgola, o con qualsiasi altra cosa mi passi per la testa!”. Tutt’intorno c’era un gran brusio: congiunzioni, preposizioni, articoli e congiuntivi si stavano sgomitando a vicenda, con ammiccamenti più o meno evidenti e risatine ironiche. Parte della punteggiatura se ne rimaneva impalata al proprio posto, altra aspettava con pazienza d’essere portata a destinazione, altra se ne stava in un angolo, sbuffando, in attesa che la loro amica si decidesse a fare il proprio dovere. Dal fondo del foglio si sentì un timido: “Eddai Svirgolé, ti prego, che qui tiriamo notte!”. Un piccolo terremoto di risatine scosse il foglio e Mastro Stilo si irrigidì per il nervoso. Ripuntò minaccioso il pennino verso quella virgola ribelle, che lo stava facendo impazzire, e tuonò: “Bene, mia cara, sei sostituita!”. Una gran risata, musicale e cristallina, esplose nell’aria e tutti puntarono gli occhi su Svirgolè, la quale, piegata in due, si stava scompisciando dalle risate. E aspetta e aspetta, quella continuava a ridere e gli altri continuavano a fissarla. Tenendosi la pancia con le mani intrecciate, Svirgolé alzò la testa e cominciò a sbattere le palpebre sugli occhi gonfi, quasi fuori dalle orbite, quindi disse: “Ah sì? Mi sostituisci? Eddai, forza, che voglio proprio vedere che succede qui mo…” e si riattorcigliò su se stessa, sganasciandosi. Mastro Stilo diventò tutto blu, tanto che l’inchiostro iniziò a ribollirgli dentro, esondando dal pennino e macchiando parte del foglio ai suoi piedi. La vista del foglio macchiato gli procurò molto disagio e l’inchiostro si fece rosso e si mischiò con quello blu, diventando viola… come la sua vergogna. Punto-e-virgola, dall’alto del suo essere intoccabile, dato che nessuno ormai lo usava quasi più, dichiarò: “Se potessimo farla finita qui, potrei dichiararmi disponibile alla sostituzione”. Fragore di risate! In tutta questa baraonda, nessuno fece caso ad una congiunzione che, zitta e muta, se ne rimaneva nell’angolo opposto del foglio, aspettando. Svirgolé alzò una spalla, quindi disse: “Io, lì, non mi ci metto!” e si voltò. Mastro Stilo digrignò il pennino e rispose a denti stretti: “Tu ti metti dove dico io e basta! Quindi, ti ordino di andare a metterti subito prima di quella congiunzione e di stare ferma ed immobile sino a nuovo ordine". I due-punti alzarono timidamente una mano e dissero: “Ma maestro, la virgola ha le sue regole fisse e tutti sanno che non va mai prima….” “Silenzio!” tuonò Mastro Stilo “che qui nessuno vi ha interpellato!”. Ettepareva, pensarono i due-punti. All’improvviso tutto tremò e, con passi possenti, Sua Maestà La Grammatica Italiana si presentò in tutta la sua magnificenza. Gomiti sui fianchi e sguardo truce, puntò il dito verso Mastro Stilo e gli disse: “Via da questo foglio!”. Si sdraiò sulla scrivania e, con fare languido e sensuale, iniziò a sfogliare le proprie pagine, sino alla regola delle regole, che citò con tono teatralmente professionale:
“La virgola, fra l’altro, fa anche cambiare il significato di alcune frasi, infatti la sua posizione è rilevante per il significato della frase; ad esempio: 1. 'Mentre Luca salta, un ostacolo cade" (questa frase significa che mentre Luca salta, l'ostacolo è caduto al suo passaggio). 2. "Mentre Luca salta un ostacolo, cade" (questa frase, invece, significa che Luca mentre saltava è caduto a terra). Da questo semplice esempio si può capire che la posizione della virgola può far cambiare il significato alla frase.”
( http://it.wikipedia.org/wiki/Virgola ).
(Alcuni dei presenti osarono pensare: “Ma come parla ‘sta grammatica???”).
Sua Maestà richiuse languidamente le proprie pagine e si mise seduta, richiamando a sé Svirgolé. Quando fu al suo fianco, le accarezzò teneramente la testolina e le disse: “Mio tesoro utilissimo, corri al tuo posto: tu sai dove devi metterti - e le sorrise - però ricorda che non c’è regola senza eccezione e che, se mai dovesse capitarti di lavorare per Sua Somma Arte La Poesia, difficilmente potrò difendere la tua presa di posizione, poiché ad essa tutto è concesso, in virtù della licenza poetica. Ora va’, con la mia benedizione!”. Svirgolè, impettita, si avviò sculettando verso la sua frase e, girandosi e inchinandosi al pubblico presente, si adagiò fiera al suo posto. Un fischio generale di approvazione si elevò dal foglio e la voce narrante, profonda e calda, recitò: “Dita leggiadre d’amante sapiente le si posarono sulla pelle e lei sospirò, arrossendo.” L’aveva spuntata, vincendo in sensualità, rispetto a quanto voluto da Mastro Stilo, che insisteva nel voler scrivere: “Dita leggiadre d’amante sapiente le si posarono sulla pelle, e lei sospirò arrossendo.” Quindi, la voce narrante riprese: “Allora, continuiamo o tiriamo notte? Dov’è lo sceneggiatore? Che fine ha fatto Mastro Stilo?” le prese il panico e mutò tono, diventando acuta e stridente: “E adesso come si fa? Oddiiiiooooo… Non ho neanche un capello da strappaaarmi!!” e scappò via. Tutti gli occhi si voltarono all’unisono e pensarono: “Oh benedettissimo San Crispino!” e si accasciarono sul foglio, esausti. E ora, via con le domande, i consigli, le critiche, le correzioni e quant'altro. Sono qui (quasi) tutta per voi!
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