Io:
Oltre a Basho e Buson, rientra a pieno titolo tra i principali autori di haiku del Giappone premoderno, Kobayashi Issa (1763-1827).
Issa non ha avuto vita facile: la sua esistenza è stata segnata da numerosi lutti e da difficoltà economiche. Questo ha sicuramente influito sul suo pensiero, ma non lo ha piegato.
Nonostante le varie difficoltà, infatti, Issa è riuscito a sviluppare una forma di poesia umile e particolarmente attenta alla gioia e al dolore, non solo propri, ma anche delle altre creature, soprattutto quelle più deboli, nei confronti delle quali è evidente una profonda empatia.
Haiku 1.
La baracca di un mendicante:
sopra si alza un aquilone
bellissimo
(traduzione di Elena Dal Pra)
Issa era povero e nei suoi haiku a volte traccia quadri di vita quotidiana che hanno come protagoniste persone normali o anche indigenti. Probabilmente qui il mendicante è un padre che, nonostante la sua povertà, ha trovato il modo di procurare un aquilone ai propri figli.
Il messaggio più profondo di questo haiku è che anche un mendicante può godere della bellezza gratuita dell’aquilone, perché è sufficiente la ricchezza interiore.
Haiku 2.
“La nostra casa”
già in queste parole,
freschezza
(traduzione di Elena Dal Pra)
Prima ancora di arrivare al riparo delle mura domestiche, è sufficiente pronunciarne il nome per evocare già la freschezza e la gioia della casa e dell’amore delle persone che ci vivono.
Haiku 3.
Tra dio
e il mendicante sboccia
il fiore di u
(traduzione di Elena Dal Pra)
Il fiore di u (nome ufficiale deutzia crenata) è un bellissimo fiore bianco, che in Giappone è diffuso ed amato.
Qui rappresenta un po’ la grazia e la bellezza della natura, che adorna il mondo democraticamente, per gli dei come per i mendicanti: basta saperla individuare.
Haiku 4.
Vento d’autunno:
sono diretto
a quale inferno?
(traduzione di Elena Dal Pra)
L’ultimo haiku è il più triste: forse il vento dell’autunno, presagio del freddo che sta per arrivare, suscita nell’animo del poeta preoccupazione per l’inverno e per le difficoltà che verranno con esso.
Sebbene il tono sia malinconico e quasi privo di speranza, a me piace perché sembra di cogliere quell’imperturbabilità tutta orientale di fronte agli ostacoli che la sorte prima o poi pone sul nostro cammino.
(Cit. da sito "Haiku di Issa").
Non consideriamo il fatto che la traduzione non rispetta metrica, minuscole, cesure, ecc... e persino che nella seconda composizione non riesco a intravvedere il kigo (che, con tutta probabilità, nell'originale c'é); è evidente che l'unico haiku a rifarsi alle dinamiche dell'osservazione è il primo, ancorché quel "bellissimo" esprima il punto di vista dell'autore: al resto del mondo quell'aquilone può apparire orrendo, (oppure la cesura andava subito prima del termine, nel senso che il poeta intende dire che è bellissimo che un aquilone riesca a volare anche sulla baracca di un mendicante), ma lasciamo perdere anche questo.
Tutti gli altri sono haiku concettuali, emozionali, intensi, in una parola "poetici", giacché, a mio avviso, la poesia senza emozione non esiste.
Come ho già avuto modo di sottolineare, molti degli haiku di Basho, quello della rana compreso, sono meri esercizi di stile privi di sentimento.
Ha sostenuto che quello era il modo corretto di procedere, dettato delle regole volte a tracciare un metodo di lavoro, ma si tratta di uno soltanto dei possibili punti di vista.
Anzi,
alla fine, se la memoria non mi inganna, ha pure fatto marcia indietro, dicendo che all'interno dell'haiku si potevano inserire altri elementi, sperimentare, come ha fatto lui stesso con questo:
fine del viaggio -
ancora vivo
in questa sera d'autunno
che a me pare infinitamente più bello di quello della rana.
CITAZIONE (Andrea):
Ho la sensazione che sia un concetto, un'interpretazione molto personale da parte di chi decide, sentenziando da scranni più o meno solidi.
Io:
Come detto, bisogna intendersi sulla scuola da seguire o non seguire; gli elementi chiave, a prescindere, sono: i versi = 3; le sillabe = 5-7-5 contate di norma secondo la metrica classica; il kigo (o, al limite, il piccolo kigo: anche questo non tutte le Scuole lo ammettono); la cesura.
Sono in dubbio, perché non ho trovato nulla in merito, sul fatto di poter utilizzare contemporaneamente un kigo e un piccolo kigo o due piccoli kigo. Due kigo è possibile purché non si contraddicano l'un l'altro facendo riferimento a stagioni diverse.
CITAZIONE (Andrea):
Ma siccome sono cinghiale e alcune persone furono severamente bacchettate per i loro tentativi e si dispiacquero con conseguente allontanamento dal Vascello (una volta tanto -e ben più di una, ad essere sinceri- non per colpa mia, guarda caso!😁😃) come da altri siti ove ho militato, se mi conshenti sono assai poco convinto di una possibile gestione oggettiva della faccenda, almeno dalle parti nostre.
Intendo quelle geografiche, ovviamente.
Io:
Se intendi nelle risposte o in un Contest, basta che il commentatore o il giudice (comunque le regole a cui attenersi devono essere ben chiare e parte del regolamento dell'eventuale concorso) specifichi che, "secondo lui" ecc... "perché" ecc..., cosa tra l'altro valida per qualsiasi commento
Poniamo il caso che il Contest consista nel presentare un sonetto: l'unica cosa su cui chi risponde o la giuria può trovare a ridire è che la composizione non corrisponde a quelle che sono le regole che definiscono un'opera come tale. E' tutto semplice.
Se però esistessero cento scuole di pensiero che accettano una sola regola di base (solo versi endecasillabi per esempio, o solo divisione in 2 quartine e due terzine, o persino solo prima le terzine e poi le quartine, ecc..) allora tutto il resto sarebbe a discrezione dell'autore che, in questo suo libero esprimersi, verrebbe aspramente criticato da chi appartiene alla scuola che vuole i versi disposti in quartine e terzine alternate e che detto autore non ha rispettato, pur avendo scritto in realtà un sonetto con tutti i crismi secondo un purista.